
Omaggio a Giovanni Palatucci
80° anniversario della morte
Il 25 marzo alle ore 18:30 presso l’auditorium IC Palatucci a Quadrivio di Campagna-

80° anniversario della morte
Il 25 marzo alle ore 18:30 presso l’auditorium IC Palatucci a Quadrivio di Campagna-
Dal 31 marzo per legge tutte le imprese italiane dovranno assicurarsi contro le catastrofi naturali e sottoscrivere a proprie spese una polizza che protegga dai danni causati da eventi come terremoti o alluvioni. Sebbene l’Italia sia particolarmente esposta a questi rischi, era rimasto uno dei pochi paesi dell’Unione a non prevedere una misura simile: oggi in caso di catastrofi naturali i danni vengono coperti da chi ne viene colpito, dagli enti locali e dallo Stato, con conseguenti grosse difficoltà, iniquità e lentezze. L’obbligo risolve in parte questo problema, ma ne crea diversi altri.
La norma interesserà tutte le imprese con una sede fisica in Italia, sia straniere che italiane, purché abbiano una sede operativa che possa essere oggetto di danni. Sono esclusi i professionisti che lavorano come lavoratori autonomi, e le imprese agricole, quelle della pesca e dell’acquacoltura, per le quali invece l’obbligo partirà dal 2026: queste ultime, essendo inevitabilmente più esposte ai danni da catastrofi naturali, hanno già un sistema di copertura dai danni specifico per il loro settore. Tutte le altre dall’1 aprile dovranno avere una polizza assicurativa apposita. Oggi in Italia solo il 5 per cento delle aziende è coperto da una polizza contro le catastrofi naturali.
Per assicurarsi basta rivolgersi a una qualsiasi compagnia assicurativa.
il costo di una polizza dipenda anche dalle caratteristiche del singolo assicurato, cioè dalla sua specifica esposizione alle catastrofi, in Italia queste polizze sono mediamente più costose che altrove anche per la scarsa propensione degli abitanti ad assicurarsi contro questi rischi: proprio perché sono pochi gli assicurati, le compagnie chiedono premi più alti in modo da avere maggiori fondi per coprire le richieste di rimborso. Con l’obbligo le cose dovrebbero cambiare, ed è possibile che nel tempo i costi per dotarsi di queste polizze scendano.
Il sospiro di sollievo arriva dalla Georgia. «L’infortunio di Lochoshvili non è grave. Oggi pomeriggio però non sarà disponibile». L’ammissione è del ct Willy Sagnol in conferenza stampa. La sua Georgia deve difendere il roboante 3-0 ottenuto in Armenia nello spareggio di Nations League. Nel primo round, Lochoshvili era stato tra i migliori per rendimento. Poi il colpo alla caviglia e l’allarme scattato forte ma rientrato con il passare delle ore.
Due gli indizi che avevano permesso di “respirare”: il messaggio arrivato dal calciatore allo staff medico granata spiegando l’entità del problema e la paura per la contusione ricevuta, seguita dalla scelta di restare a disposizione della sua nazionale per la sfida in programma alle ore 18 italiane. Poi le parole di Sagnol e la Salernitana che ora attende il difensore martedì in città per valutarne le condizioni prima della ripresa degli allenamenti.
Per la squadra infatti sarà weekend lungo. Breda ha concesso 72 ore di riposo ai suoi calciatori dopo il test in famiglia che ha chiuso la settimana di lavoro senza campionato. Sarà l’ultima occasione per tirare il fiato. Poi ci sarà da alzarsi sui pedali, dare vita alla volata salvezza che inizierà domenica prossima con il Palermo e si chiuderà il 9 maggio a Genova in casa della Sampdoria. (LaCittà)
l legame tra età e insorgenza dei tumori è da tempo oggetto di studio. L’invecchiamento rappresenta infatti uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo del cancro, per lo più a causa dell’accumulo di mutazioni genetiche e della progressiva riduzione della capacità dell’organismo di riparare i danni cellulari. Secondo le statistiche, ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 395 mila nuovi casi di tumore e il 60% dei pazienti oncologici ha più di 65 anni. Solo il 10% dei casi interessa persone sotto i 49 anni, mentre il 39% riguarda la fascia tra i 50 e i 69 anni. C’è una relazione complessa e non del tutto chiara tra invecchiamento cellulare, danni cumulativi sul Dna e altri meccanismi
In Italia, l’aspettativa di vita media si attesta intorno agli 82 anni, ma solo 71 di questi vengono vissuti in buona salute, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ciò significa che negli ultimi dieci anni di vita la probabilità di sviluppare patologie legate all’invecchiamento, tra cui il cancro, è molto elevata. Attualmente, oltre il 25% della popolazione italiana ha più di 65 anni, e questa quota è destinata ad aumentare nei prossimi decenni, il che si tradurrà in una sfida epocale per la sanità pubblica. Ma ci sono anche buone notizie.
Un’indagine commissionata dalle Nazioni Unite in sei paesi di lingua inglese, rivela che i giovani sono oggi meno felici rispetto alle generazioni precedenti, mettendo in crisi questa concezione. La soddisfazione di vita sembra infatti essere calata tra le persone di età compresa tra i 12 e i 25 anni, specialmente se donne. A sorprendere, il fatto che tale deflessione non sembra essere riconducibile – almeno in toto – al Covid.
Secondo lo studio citato, il calo nel grado di felicità percepita è cominciato prima della Pandemia, confermando altre evidenze recenti. In particolare, uno studio ha messo a confronto i disturbi mentali dei primi dieci anni 2000 con quelli attuali. La ricerca ha rivelato un aumento costante della sofferenza mentale negli ultimi 15 anni, soprattutto nella fascia 18/34 anni, confermando un trend precedente al Covid, che, al più, ne è stato acceleratore.
Le ragioni di questo fenomeno sono senz’altro molteplici. Come scriveva Bertrand Russell in tempi non sospetti: “Vi era anticamente una capacità di spensieratezza e di giocosità che è stata in buona misura soffocata dal culto dell’efficienza”. Eppure, non è solamente questo aspetto a giocare un ruolo. Le possibili cause del calo di felicità, benessere e soddisfazione tra i più giovani sono infatti riconducibili a elementi come: individualismo e competizione sempre più spinti, aumento dell’uso dei social media, senso di solitudine, crisi climatica, instabilità socio-politica, incertezza diffusa, difficoltà economiche.
Quest’ultime, in particolare, sono tra le ragioni che primariamente determinano l’infelicità tra i giovani in Italia. A rivelarlo, un’indagine realizzata nel febbraio 2025 dall’Istituto Piepoli per Udicon (Unione per la Difesa dei Consumatori) su un campione rappresentativo della popolazione italiana dai 18 anni in su.
In base ai dati raccolti nel nostro Paese, tra i fattori che maggiormente concorrono all’infelicità – oltre alle questioni finanziarie – vi sono: problemi di salute, propri o relativi a un familiare (36%), eventi negativi in famiglia (22%) e criticità nella propria vita affettiva (14%).
Nonostante ciò, il 74% delle persone nella fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni si definisce tra “abbastanza” (38%) e “molto felice” (38%). Sorprende, che questa fascia di popolazione comprenda la quota più alta di persone che si definiscono “molto felici”. Sembrerebbe una controtendenza rispetto ai dati raccolti nei paesi anglofoni, tuttavia lo è solo parzialmente. Nel complesso, infatti, sono le persone over 54 a risultare stabilmente più soddisfatte. L’80% di queste ultime si definisce tra “abbastanza” (32%) e “molto felice” (48%), contro il 74% – precedentemente citato – relativo agli under 34.
Sebbene in maniera più parziale, questo andamento riflette dunque la conclusione a cui è giunta l’indagine commissionata dalle Nazioni Unite, ossia che la giovinezza non sembra più essere l’età della spensieratezza.
La spensieratezza dovrebbe essere un diritto. Ogni giovane dovrebbe infatti poter accedere a condizioni che permettano momenti di leggerezza, serenità e libertà dalle preoccupazioni eccessive. Parallelamente, è necessario garantire i giusti strumenti per leggere la realtà.
In uno scenario incerto e complesso come quello attuale, la felicità è spesso messa a dura prova da ciò che succede intorno a sé e, specialmente, da come gli avvenimenti vengono decodificati. Spesso, infatti, non sono gli eventi in sé a generare gli stati emotivi, ma il modo in cui vengono interpretati. Ecco, dunque, che, prima a scuola e poi in azienda, è necessario non solo offrire spazi di decompressione per far sfiatare la mente e ritrovare un po’ di spensieratezza, ma anche offrire accesso a strumenti che permettano alle persone di comprendere la complessità e gestire il carico emotivo che da essa deriva.
(da il Sole 24)